Fukushima: presto il Governo rilascerà acqua radioattiva in mare

Fukushima: presto il Governo rilascerà acqua radioattiva in mare.

Il governo giapponese è pronto a riversare in mare l’acqua contaminata utilizzata per raffreddare gli impianti danneggiati nella catastrofe nucleare di Fukushima. La catastrofe seguì al tremendo terremoto che colpì il Giappone. Lo anticipano i media nipponici e, in Italia Ansa.it, spiegando che una decisione potrebbe esser presa entro fine mese. Continua l’aspro dibattito sulle controversie di tale scelta per l’ambiente. Già all’inizio dell’anno una sottocommissione governativa aveva giudicato il rilascio della acqua nell’oceano, o la sua evaporazione nell’atmosfera, come ‘opzioni realistiche’.

Diversamente, le associazioni locali dei pescatori e i residenti hanno sempre espresso la loro disapprovazione, temendo un crollo della domanda di prodotti marini della regione e per le ripercussioni ambientali sull’intera area geografica.

Secondo le fonti citate, il governo di Tokyo è pronto a istituire un comitato di esperti per confrontarsi con le municipalità della prefettura e discutere il piano con le attività produttive locali. L’eventuale immissione dell’acqua radioattiva in mare avrebbe bisogno dell’approvazione dell’Autorità nazionale di regolamentazione del nucleare (Nra), e la realizzazione di strutture adeguate per il trasporto, che richiederebbero almeno due anni di lavori.

L’acqua che serve a raffreddare gli impianti è filtrata usando un sistema avanzato di trattamento dei liquidi (Alps), capace di estrarre 62 dei 63 elementi radioattivi presenti, tranne il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Secondo i calcoli del gestore dell’impianto, la Tokyo Electric Power (Tepco) – con un aumento giornaliero di 170 tonnellate di liquido trattato, lo spazio per lo stoccaggio all’interno delle cisterne dovrebbe esaurirsi entro l’estate del 2022.

Da nove anni il Giappone si interroga su come smaltire queste acque contaminate oggi presenti in 1.044 serbatoi. Fra le ipotesi quelle di usare l’evaporazione a piccoli passi in atmosfera o il trasporto in altri appositi serbatoi e container, ma anche quello appunto di riversare i liquidi nell’oceano Pacifico.

Gettare l’acqua radioattiva in mare: decisione imminente

Lo scorso febbraio, durante una visita alla centrale di Fukushima, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, aveva ammesso che il rilascio dell’acqua nell’Oceano Pacifico sarebbe in linea con gli standard internazionali dell’industria nucleare. Il premier giapponese Yoshihide Suga, nel corso di una sua recente visita all’impianto, ha detto che il governo intende prendere una decisione in tempi rapidi. L’incidente del marzo 2011, innescato dal terremoto di magnitudo 9 e il successivo tsunami, provocò il surriscaldamento del combustibile nucleare, seguito dalla fusione del nocciolo, a cui si accompagnarono le esplosioni di idrogeno e le successive emissioni di radiazioni.

 

Radioattività e tonno che mangiamo

Dovrà passare ancora molto tempo (calcolabile in milioni di anni) prima che incidente di Fukuscima abbia esaurito i suoi effetti sul pianeta. La situazione, gravissima, non è cambiata dall’ultima volta in cui abbiamo fatto il punto. Spesso abbiamo fatto ipotesi sulle possibili conseguenze, ma stavolta abbiamo la possibilità di analizzarne una, numeri alla mano.

Lo sversamento in mare di acqua radioattiva proveniente dai rottami del sistema di raffreddamento della centrale continua al ritmo di 400 tonnellate al giorno. Era quindi facilmente prevedibile un forte impatto su flora e fauna marine. Uno studio della National Accademy of Science dimostra un sensibile aumento della radioattività nei tonni pinna blu che vivono nell’Oceano Pacifico.

I pesci sono stati analizzati nella costa ovest degli stati uniti, e sono esemplari che provengono dalla zona di riproduzione vicina al mar del giappone. Questi esemplari hanno riportato alti livelli di cesio radioattivo negli isotopi 137 e 134 dieci volte superiori alla normalità. Ma gli isotopi 134 hanno una “vita breve” (in termini atomici), e la loro presenza in elevata concentrazione dimostrerebbe proprio che la origine è recente: il reattore nucleare giapponese.

Visto l’esito dello studio, si sta passando ora a controllare squali, delfini, tartarughe e balene alla ricerca di risultati analoghi.

Terremoto: scossa 3.0 alle porte della Capitale (Lariano)

Terremoto: scossa 3.0 alle porte della Capitale (Lariano)

Terremoto: scossa 3.0 alle porte della Capitale (Lariano). Sisma alle ore 14:00 ora italiana con epicentro a Lariano con una magnitudo di 3.0. Il sisma ha avuto ipocentro ad una profondità di 10 km, tipica di eventi simili.

Il terremoto è stato nettamente avvertito. Le zone più colpite Lariano e Castelli Romani.

Non si hanno notizie certe se Il sisma sia stato preceduto da un boato.

La zona non è sismicamente molto pericolosa. Qui è evidenziato che è attesa una accelerazione massima del suolo tra 0,125 e 0,150 g.

Non sono presenti strutture sismogeniche conosciute se non la faglia dei Castelli Romani.

L’11 Maggio tremò la zona di Fonte Nuova

Solo 3 mesi fa destò preoccupazione un’altro terremoto 3.3 avvenuto nei pressi di Fonte Nuova che fu avvertito in molte zone di Roma.

Fenomeni che mettono sicuramente paura e ansia….ma che sono tipici per queste zone. Come dimostra la storia dei terremoti che hanno colpito Roma.

Informazione e prevenzione sono le armi per combattere falsi allarmismi o prevenire catastrofi. 

 

2020: tutti lo vedono come l’anno dei terremoti

2020: tutti lo vedono come l’anno dei terremoti

2020: tutti lo vedono come l’anno dei terremoti. I social sono impazziti, tutti monitorano quotidianamente almeno una APP che segnala i terremoti. Ma davvero questo strano anno, che resterà alla storia per il Covid-19, è l’anno dei terremoti?

In realtà il 2020 non sembra proprio essere un anno dannato pieno di terremoti. Nonostante il terremoto di Roma, nonostante la vivacità tellurica in Sicilia o i classici terremoti della fascia appenninica, questo 2020 sta mantenendo il trend, in discesa, degli ultimi anni che sembrerebbe riportare tutto alla situazione precedente il 2008.

Terremoti ed allarmismo: la colpa è dei social

Tutti questa attenzione riguardo i terremoti è sicuramente legata all’uso combinato di smartphone e social networks.

La gente ha ovviamente paura di un possibile terremoto catastrofico ma non è assolutamente preparata e, tanto meno, non ha una cultura del terremoto. Quindi il popolo dei socials pensa che un terremoto possa colpire indistintamente ogni zona del paese quasi mosso da una casualità che di fatto non esiste.

Quindi possiamo dire che tendenzialmente la gente è ignorante e facilmente assuefabile. Condivide all’impazzata notizie “allarmanti” come quella di un terremoto magnitudo 2.6 pensando sia un evento pericoloso.

I canali di informazione ed i socials hanno da tempo capito questo aspetto ed utilizzano titoli importanti per impaurire ed invogliare gli utenti alla condivisione.

Quindi appare più saggio, oggi, invece che vivere attaccati alla applicazione dell’INGV che segnala i terremoti, perdere un pò di tempo per studiare la propria zona di residenza e, se si vive in un Comune possibilmente sismico, apprendere i sette passi della sicurezza in caso di terremoto.

 

Giuseppe Mercalli: il prete italiano padre dei terremoti

Giuseppe Mercalli: il prete italiano padre dei terremoti

Giuseppe Mercalli: il prete italiano padre dei terremoti. E’ stato un grande geologo e sismologo. Ha ideato la omonima Scala Mercalli che misura gli effetti macrosismici di un terremoto ed è usata dal 1902.

Mercalli era una figura poliedrica. Anzitutto era un prete ma anche sismologo, geologo e vulcanologo.

Per studiare gli effetti macrosismici di un sisma partì dalla precedente scala Rossi-Forel (utilizzata per circa un ventennio) per definire meglio la sua scala Mercalli, presentata alla comunità scientifica nel 1902.

La scala Mercalli analizza l’intensità di un terremoto osservando gli effetti che esso produce sulla superficie terrestre su fabbricati, persone e cose.

Nello stesso 1902, il fisico  italiano Adolfo Cancani espanse la Scala Mercalli da 10 gradi a 12 gradi. Essa fu in seguito completamente riscritta dal geofisico tedesco August Heinrich Sieberg e divenne nota come scala Mercalli-Cancani-Sieberg, abbreviata con MCS e detta brevemente Scala Mercalli.

Questa valutazione non richiede l’utilizzo di strumenti di misurazione e per la sua caratteristica descrittiva può essere applicata anche alla classificazione di terremoti avvenuti in tempi storici, di cui sia rimasta una descrizione scritta. I valori di questa scala sono scritti con numeri romani e vanno da I a XII. L’utilizzo dei numeri romani è stato scelto per evitare l’utilizzo di valori intermedi ossia l’uso della virgola.

Differenze tra Scala Mercalli e scala Richter

Oggi va molto di moda descrivere la potenza sprigionata da un sisma con la magnitudo da esso prodotta. Gli effetti di un terremoto possono essere molto diversi da luogo a luogo, quindi un singolo terremoto avrà in luoghi diversi differenti valori nella Scala Mercalli, poiché questa misura l’intensità avvertita sulla superficie terrestre, all’opposto la scala Richter che, invece, fornisce il valore di magnitudo all’ipocentro avrà un unico valore.

Gli effetti di un terremoto possono essere efficacemente rappresentati con una mappa a colori (detta ShakeMap in inglese), rappresenta l’intensità locale del terremoto sul territorio rappresentato nella mappa.

Possiamo capire gli effetti del terremoto ad esempio guardando la Shakemap del sisma di Adrano (CT) M3.2 avvenuto il 28 maggio 2020.

L’immagine, messa a disposizione dall’Istituto nazionale geologia e vulcanologia (INGV) fa vedere le località dove il terremoto ha sortito effetti e l’intensità degli stessi. Invero molto piccoli per il terremoto citato ad esempio.

 

Viterbo: sciame sismico desta preoccupazione. Oltre 60 scosse in 7 giorni

Viterbo: sciame sismico desta preoccupazione. Oltre 60 scosse in 7 giorni

Viterbo: sciame sismico desta preoccupazione. Oltre 60 scosse in 7 giorni nel territorio a nord del lago di Bolsena. Solo nella giornata di ieri ci sono state 6 scosse con magnitudo superiore a 2.0 con epicentri compresi tra Bolsena e San Lorenzo Nuovo. Nei giorni precedenti varie scosse sismiche avevano avuto epicentro invece nella adiacente zona di Castel Giorgio che invece ricade nell’adiacente provincia di Terni.
Tutti gli eventi tellurici hanno avuto profondità ipocentrale tra i 7 e gli 11 km. Un periodo ricco di zone sismiche attive come lo sciame sismico in Sicilia o quello a Pozzuoli. Senza dimenticare la scossa inattesa a Roma dell’11 maggio 2020.

Terremoto lago di Bolsena: c’è davvero bisogno di preoccuparsi?

Terremoto lago di Bolsena: c’è davvero bisogno di preoccuparsi? Anche se lo sciame sismico a nord del lago di Bolsena preoccupa le popolazioni, appare essere di entità abbastanza modesta. Le scosse, anche se numerose, sono sempre state inferiori a 2.5 Ritcher, il che significa che la maggior parte (se non tutti) i terremoti avvenuti sono stati impercettibili.
Il fatto che il territorio stia vivendo uno sciame sismico non è una novità. La zona è sismicamente attiva ed in passato ci sono stati altri terremoti spesso di magnitudo importante.
Guardando la mappa di pericolosità sismica si scopre infatti che è attesa in zona una accelerazione massima del suolo tra 0.125 e 0.150 (g). Quindi la zona ha una pericolosità sismica medio-bassa. Quindi nessuna preoccupazione di troppo bensì la consapevolezza che potrebbe verificarsi un sisma con magnitudo prossima a 5.0 Ritcher. Nessun allarmismo ma presa di coscienza del fatto che viviamo in un paese sismico (eartquake culture). Bisogna farsi sempre trovare preparati e seguire le indicazioni di sicurezza in caso di terremoto.

I terremoti più forti della Tuscia e lo tsunami del lago di Bolsena

La Tuscia viterbese, come detto, è caratterizzata da una sismicità presente ma non preoccupante.

Analizzando il database sismico dell’INGV si possono vedere dove sono stati i terremoti più forti della zona.

Mappa dei terremoti più forti a nord di Bolsena

Negli ultimi 45 anni il sisma più forte è stato quello con M 4.1 a Castel Giorgio (TR) del 30 maggio 2016.
A Bolsena, sempre negli ultimi 45 anni, il terremoto più forte è avvenuto il 9 febbraio del 1994 con M 3.5.
Il sisma più forte della zona, però, è avvenuto l’11 giugno del 1695 dove un terremoto con magnitudo 5.7 sconvolse Bagnoregio e causò gravi danni in tutto il viterbese. Il sisma provocò una frana sulle pendici del lago di Bolsena che generò uno potente tsunami con onde di 4 metri che allagarono le campagne intorno al lago per 3 km.

La storia dei terremoti che hanno colpito Roma

La storia dei terremoti che hanno colpito Roma

La storia dei terremoti che hanno colpito Roma. La Capitale d’Italia stamattina è stata svegliata da una scossa di terremoto. L’epicentro, a Fonte Nuova in una zona sismicamente non pericolosa. 

Stamane i romani si sono svegliati con il terrore di una scossa di terremoto. La magnitudo è stata di 3.3 gradi Ritcher ad una profondità stimata a 10km poi rettificata a 7km. Quindi un terremoto abbastanza superficiale. 

Molti che erano svegli giurano di aver sentito chiaro il boato prima dell’inizio della scossa.  Un sisma non attesa avvenuto in una zona dove non ci sono faglie attive. 

In generale Roma si trova in un territorio sismicamente poco attivo ma, vista la sua vicinanza all’appennino centrale, risente spesso degli effetti dei terremoti catastrofici avvenuti nelle aree adiacenti. Spesso, in passato, tali scosse hanno causato crolli, danni ed anche vittime.

Elenchiamo i maggiori terremoti della storia che hanno ferito la città eterna.

Il terremoto a Roma del 1349

Il terremoto del 9 settembre 1349 è stato uno dei più importanti terremoti storici con origine nell’Appennino centrale. Probabilmente è stato l’evento sismico più fortemente risentito a Roma dove arrivò con una Intensità stimata intorno al 7-8° grado della scala MCS.

Nel suo complesso il terremoto interessò un’area molto estesa, area che grosso modo corrisponde al settore di Appennino centro-meridionale compreso tra Perugia e Benevento. Il terremoto è attestato in numerose fonti  memorialistiche. Secondo la testimonianza di Matteo Villani (sec. XIV), i danni a Roma furono decisamente consistenti, almeno su alcuni edifici di rilievo: «…i terremoti feciono cadere il campanile della chiesa grande di San Pagolo e la torre del Conte, lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine». Petrarca (1351), che si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, descrive i danni provocati dal sisma: «Roma è stata scossa da un insolito tremore, tanto gravemente che dalla sua fondazione, che risale a oltre duemila anni fa, non è mai accaduto nulla di simile. Caddero gli antichi edifici trascurati dai cittadini ammirati dai pellegrini, quella torre, unica al mondo, che era detta del conte, aperta da grandi fenditure si è spezzata ed ora guarda come mutilata il proprio capo, onore della superba cima sparsa al suolo; inoltre buona parte di molte chiese e anzitutto di quella dedicata all’apostolo Paolo è caduta a terra la sommità di quella Lateranense è stata abbattuta»

Dopo il terremoto 1349 sembra che Roma ha goduto di una relativa «calma sismica», che è perdurata fino al grande terremoto dell’aquilano del 1703, anno in cui si avvertirono in Roma varie decine di scosse, alcune delle quali causarono danni considerevoli agli edifici e qualche vittima.

Il terremoto a Roma del 1091

Un altro forte terremoto avvenne il 27 gennaio 1091. Una nota del sisma è contenuta in un necrologio dell’XI secolo, conservato in un codice miscellaneo della Biblioteca del British Museum. Il necrologio  non fa tuttavia alcuna menzione di danni o crolli. 

Il terremoto a Roma del 801

Secondo gli scritti, l’imperatore Carlo Magno si trovava a Spoleto quando avvenne un gravissimo terremoto nella notte del 30 aprile. Sisma che a Roma causò il crollo del tetto della basilica di S. Paolo fuori le Mura.

I terremoti a Roma dall’anno zero al 508

Il Colosseo venne lesionato da un terremoto! A dimostrarlo un’epigrafe, conservata all’interno dell’Anfiteatro Flavio, che attesta restauri all’arena e al podio in seguito a uno «spaventoso terremoto». Tale intervento fu opera del prefetto Decius Marius Venantius Basilius, che lo sostenne a spese personali. Dato che Decius Marius Venantius Basilius fu console nel 484 o nel 508, la data dell’evento risulta incerta. Nel 445 il Colosseo risultava integro in occasione del festeggiamento a Valentiniano III. Nel 519, in occasione di giochi pubblici documentati da fonti coeve, invece il portico già non esisteva più e una parte delle gradinate era fortemente deteriorata, forse proprio a causa di un terremoto avvenuto tra il 484 e il 508.

Terremoto Roma: scossa 3.3 a Fonte Nuova

Terremoto Roma: scossa 3.3 a Fonte Nuova

Terremoto Roma: scossa 3.3 a Fonte Nuova. Sisma alle ore 5:03 con epicentro a Fonte Nuova con una magnitudo di 3.3. Il sisma ha avuto ipocentro ad una profondità di 10 km.

Il terremoto è stato nettamente avvertito in tutta Roma e molti sono scesi in strada. Le zone più colpite Tivoli e Guidonia dove le persone hanno chiamato le forse dell’ordine.

Il sisma è stato preceduto da un boato.

La zona non è sismicamente molto pericolosa. Qui è evidenziato che è attesa una accelerazione massima del suolo tra 0,125 e 0,150 g.

Non sono presenti strutture sismogeniche conosciute se non la faglia dei Castelli Romani.

Terremoto a Roma: gli altri episodi del passato

Studiando la zona si scopre che dall’anno 1000 ad oggi ci sono stati altri 3 terremoti importanti.

Dai dati INGV si vede che, oltre la zona della faglia dei Castelli Romani, anche Roma e dintorni ha avuto terremoti con magnitudo tra 5.0 e 5.4.

La zona nei giorni precedenti ha registrato terremoti strumentali non avvertiti dalla popolazione.

Molta paura quindi per un territorio non propriamente preparato ad un sisma. Nessuna preoccupazione di troppo e sempre concentrati sui sette passi della sicurezza contro i terremoti.

Ultim’ora: scossa di terremoto 3.3 zona Ascoli Piceno

Ultim’ora: scossa di terremoto 3.3 zona Ascoli Piceno

Ultim’ora: scossa di terremoto 3.3 zona Ascoli Piceno. Stanno arrivando informazioni di una scossa di terremoto avvertita nella zona di Ascoli Piceno. 

Ore 13:31 con  epicentro sempre Amandola, lo stesso del terremoto di magnitudo 3.6 in data 5 maggio 2020. Profondità 10 km.

Non si hanno ancora notizie riguardo la percezione di un eventuale boato negli attimi precedenti il sisma.

sisma terrore

Massima attenzione a farsi trovare preparati ad un sisma seguendo delle semplici regole della sicurezza che possono salvarti la vita. Leggi qui cosa devi fare in caso di sisma.

Incredibile registrazione: la voce del terremoto del Friuli del 1976

Incredibile registrazione: la voce del terremoto del Friuli del 1976. Una serie di coincidenze consentirono a Mario Garlatti di registrare ‘la voce’ del devastante terremoto del 6 maggio 1976.

Incredibile registrazione: la voce del terremoto del Friuli del 1976. Orcolat, l’orcaccio che provocò il terremoto che inginocchiò il Friuli 44 anni fa, ha una voce.

Il rumore del terremoto è forse la cosa che angoscia più l’immaginario collettivo. Il rumore spesso anticipa l’arrivo della scossa. Esso è provocato dalle onde P, più veloci delle S, che fanno vibrare l’aria. La vibrazione provocata dal terremoto viaggia più velocemente nell’aria che nel terreno, quindi il terremoto spesso è anticipato da un rumore sordo e pauroso

L’audio che invece catturò quella sera Mario Garlatti nasconde il rumore che il terremoto provoca negli edifici. Scuotimento, battiti, scricchiolii. Le parti strutturali dell’edificio che lottano contro il movimento tellurico. E tutto genera rumore. 

Così registrai la voce del terremoto del Friuli

A raccontarlo è direttamente l’autore di questa storica registrazione a UdineToday:
“Subito dopo cena, mi ero messo a riversare l’album dei Pink Floyd ‘Wish you were here’ – spiega Mario – da vinile a audiocassetta. Stavo effettuando una registrazione professionale. A Piccoli Passi avevo collegato il mio registratore Philips al giradischi con un cavo jack audio”. Da buon cultore dei Pink Floyd cercava il massimo della qualità. “Pochi secondi prima delle 21, prima cioè della forte scossa, ci fu un piccolo colpo che fece oscillare un oggetto alla parete. Avendolo osservato, corsi subito ad avvisare mia madre e a chiederle se l’aveva notato. Non feci in tempo a raggiungerla che arrivò il disastro. Secondi interminabili. La grande e lunga scossa fece muovere il pavimento, i muri, invece, sembravano parlare. Un rumore sinistro, non lo dimenticherò mai. La casa sembrava gridare”.

“La forza delle scosse aveva casualmente attivato il microfono – ci spiega Mario -. Aveva cioè fatto saltare il microfono nella posizione di registrazione, facendo scattare una piccola leva, quindi abilitando la registrazione dell’audio ambientale e non più quella proveniente dal giradischi”.

 

“La registrazione continuò fino al termine della cassetta. Nell’audio si sentono i componenti della mia famiglia urlare, cercarsi. Eravamo al buio e volevamo uscire immediatamente da casa non dimenticandoci di nessuno. Si sentono i miei genitori, i miei nipoti e anche i vicini scendere le scale. Quasi una mezzoretta di registrazione in totale. La risento molto raramente perché ho dei ricordi troppo forti. E’ come rivivere il terremoto ogni volta che l’ascolto. Sentire la voce di mia madre che non c’è più… riaffiorano i ricordi forti del momento. Solo chi ha provato un terremoto, forse, sa cosa vuol dire. E’ stata la più grande paura della mia vita. Tutte le paure che ci possono essere nel mondo non sono minimamente paragonabili a quella”.

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli. Alle 21:00 una scossa violentissima con epicentro nella zona tra Gemona e Artegna (a nord di Udine). Magnitudo di 6,5. Preceduta da un forte boato avvertito in moltissime zone.

Il terremoto del Friuli venne chiamato dagli abitanti locali con un nome che mette paura: ORCOLAT, l’orco della Carnia che nella tradizione friulana provoca i terremoti. Furono quasi 1000 i morti in 137 Comuni. Una cinquantina quelli più colpiti, soprattutto nel quadrilatero tra Gemona, Venzone, Buja e Majano. In tutto esattamente furono 989 le vittime rimaste sotto le macerie. 

I danni furono amplificati dalle particolari condizioni del suolo, dalla posizione dei paesi colpiti, quasi tutti posti in cima ad alture, e dall’età avanzata delle costruzioni. I paesi andati distrutti non avevano infatti riportato danni rilevanti nella prima e nella seconda guerra mondiale, a differenza di San Daniele del Friuli che, semidistrutta dai bombardamenti aerei del 1944, aveva dovuto ricostruire gran parte della sua struttura urbana con criteri moderni.

Difficile localizzazione di faglia ed epicentro

C’è stato un lungo interrogarsi sulla posizione esatta dell’epicentro, molto spesso discordanti. Uno degli studi più citati è quello di Aoudia  che colloca l’epicentro nel gruppo del monte Chiampon. Secondo lo studio “il terremoto del Friuli del 1976 è da mettere in relazione ad una piega connessa a faglia che evolve da fagliazione cieca sotto le strutture di basamento del monte Bernadia e del monte di Buia, a faglia semi-cieca sotto la struttura neogenica del monte Susans e che finisce nella piega di Ragogna”.

La scossa più forte il 6 maggio 1976 fu seguita da altre scosse molto rilevanti che distrussero quel poco che era rimasto in piedi:

  • 6 maggio 1976: magnitudo 6.5 ore 21:00
  • 11 settembre 1976: magnitudo 5.3 ore 18:31
  • 11 settembre 1976: magnitudo 5.6 ore 18:35
  • 15 settembre 1976: magnitudo 5.9 ore 05:15
  • 15 settembre 1976: magnitudo 6.0 ore 11:21

Ricostruire dov’era e com’era

Negli anni successivi l’orgoglio friulano permise una ricostruzione “dov’era e com’era”, consentita e resa possibile dal decentramento delle decisioni dalle Regioni ai sindaci e mirata al re-insediamento della popolazione nei luoghi in cui viveva prima. La ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 6 maggio 1976 sarebbe diventata un esempio virtuoso.

Studiando la spesso vasta documentazione relativa al periodo precedente al terremoto è stato spesso possibile redarre un Piano Particolareggiato che ebbe come obiettivo la conservazione della materia originale affidando a essa il ruolo di testimonianza della continuità storica. Da una parte la decisione di lasciare visibili le tracce del sisma, dall’altra una fedele ricostruzione delle parti crollate. Esempio mirabile e motivo d’orgoglio, sicuramente quello della ricostruzione di Venzone