La scala giapponese di misurazione sismica dei terremoti: non è la Richter!

La scala giapponese di misurazione sismica dei terremoti: non è la Richter!

La scala di misura dei terremoti adottata dai giapponesi è chiamata “scala di intensità sismica giapponese” o semplicemente “scala sismica giapponese”. Questa scala è nota anche come la scala Shindo, che va da 1 a 7 e misura l’intensità del terremoto in base agli effetti percepiti sulla superficie terrestre e sugli esseri umani, piuttosto che sulla magnitudo del terremoto stesso.

La scala Shindo è più vicina alla logica della scala Mercalli?

Sì, la scala Shindo giapponese è simile alla scala Mercalli, che è un’altra scala utilizzata per valutare l’intensità degli effetti di un terremoto sulla superficie terrestre e sugli esseri umani. Entrambe le scale sono basate sugli effetti osservati e percepiti durante un terremoto, piuttosto che sulla magnitudo sismica che misura l’energia rilasciata dal terremoto.

Tuttavia, ci sono alcune differenze tra le due scale. Ad esempio, la scala Mercalli ha una gamma più ampia di valutazioni (da I a XII), mentre la scala Shindo giapponese va da 1 a 7. Inoltre, ci possono essere alcune differenze nelle descrizioni e nella valutazione degli effetti specifici tra le due scale, poiché sono state sviluppate in contesti geografici e culturali diversi. In generale, entrambe le scale sono utilizzate per valutare l’impatto dei terremoti e forniscono informazioni importanti per la gestione degli eventi sismici e la riduzione del rischio.

La scala Shindo tiene conto di fattori come il movimento del suolo, i danni alle strutture e le sensazioni percepite dalla popolazione locale.

I giapponesi e la convivenza con il terremoto

I giapponesi hanno una lunga storia di convivenza con i terremoti, poiché il Giappone si trova in una regione sismicamente attiva nota come l’Anello di Fuoco del Pacifico. Questa regione è soggetta a terremoti frequenti e a eventi sismici di varia intensità.

Per convivere con questa realtà, i giapponesi hanno sviluppato una serie di strategie e pratiche per ridurre al minimo il rischio e mitigare gli effetti dei terremoti. Alcuni dei modi in cui i giapponesi si preparano ai terremoti e convivono con essi includono:

  1. Costruzioni antisismiche: Gli edifici in Giappone sono progettati e costruiti per resistere ai terremoti. Le normative antisismiche sono rigorose e spesso i nuovi edifici sono dotati di tecnologie avanzate per assorbire e dissipare l’energia sismica.
  2. Preparazione personale: Le famiglie giapponesi si preparano attivamente ai terremoti tenendo scorte di emergenza, come cibo, acqua, kit di pronto soccorso e altri fornimenti necessari in caso di disastri naturali. Le famiglie spesso partecipano a esercitazioni di evacuazione e simulazioni di terremoti per essere pronte in caso di emergenza.
  3. Sistema di allerta precoce: Il Giappone ha un sofisticato sistema di allerta precoce per i terremoti, chiamato “Japan Meteorological Agency’s Earthquake Early Warning System”, che permette di avvertire la popolazione alcuni secondi prima che un terremoto colpisca una determinata area. Questo sistema consente alle persone di prendere misure precauzionali come mettersi al riparo o fermare i mezzi di trasporto.
  4. Educazione pubblica: Le scuole giapponesi insegnano agli studenti l’importanza della preparazione per i terremoti e altre emergenze. I programmi educativi includono informazioni su come reagire durante un terremoto, dove trovare rifugi sicuri e come fornire assistenza ai feriti.

Queste sono solo alcune delle strategie che i giapponesi adottano per convivere con i terremoti. La consapevolezza, la preparazione e la resilienza della popolazione sono fondamentali per affrontare questa realtà sismica.

Cosa ne è stato del ponte di Albiano Magra, crollato nel 2020?

Tutti ricorderanno le immagini del crollo dell’ennesimo ponte italiano, quello avvenuto l’8 aprile 2020, sul fiume Magra tra Albiano e Caprignola: noto come il ponte Albiano Magra.

Ne avevamo già ampiamente parlato. Interessanti anche i numerosi approfondimenti e la simulazione del crollo.

Un crollo inatteso che non ebbe un eco mediatico acuto solo grazie ad una serie di coincidenze che non provocarono neanche un morto ma solo due feriti.

Un ponte storico ed importantissimo per la comunità.

Cosa ne è stato del ponte Albiano Magra?

Come da programmi e come da promesse, in 2 anni il ponte è stato ricostruito e riaperto al traffico il 30 aprile 2022Finalmente una storia a lieto fine. 

Genova: suona la sirena per il varo dell’ultima campata del ponte

Genova: suona la sirena per il varo dell’ultima campata del ponte

Genova: suona la sirena per il varo dell’ultima campata del ponte. Portato in quota questa mattina l’ultimo pezzo dell’impalcato del cantiere più importante d’Italia. Il viadotto unisce nuovamente i due lati della Valpolcevera al posto del vecchio ponte Morandi, che era crollato il 14 agosto del 2018 causando ben 43 morti e molti feriti. Ennesimo tragico esempio di una prevenzione che non funziona, di una sicurezza sempre più spesso messa da parte.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, parla di una “giornata speciale”, “una ferita sanata” e ribadisce: “lo stato non ha mai abbandonato Genova”.

Il viadotto, il cui impalcato è realizzato interamente in acciaio, è lungo 1067 metri ed è composto da 19 campate poste a 40 metri di altezza sorrette da 18 piloni.

Renzo Piano, il senatore archistar che lo ha progettato: “Non è una festa ma è un lavoro che si completa con grande orgoglio“.  

#pontedigenova – Conte: “Una luce che dà speranza all’Italia intera”

“Genova ci insegna a ripartire insieme“, sono state le parole di Conte – non ci fermeremo ad additare nemici. Questa comunità ha saputo riprendere il cammino ed è una luce che dà speranza all’Italia intera”. Conte ha suonato il pulsante, qualche minuto dopo le dodici, che ha dato il via alle sirene del cantiere e a un lungo applauso.

Il timelapse del varo dell’ultima campata del Ponte di Genova

Incredibile ed emozionante il varo dell’ultima campata del Ponte di Genova direttamente dal canale Youtube de LaStampa.

Infrastrutture e viabilità italiana: a quando la prossima tragedia?

Senza dimenticare lo stato pietoso delle infrastrutture italiane, della recente tragedia sfiorata per il crollo del ponte di Albiano Magra e di tante criticità che purtroppo conosceremo nel prossimo, oscuro, futuro.

 

Come è crollato il ponte di Albiano Magra

Come è crollato il ponte di Albiano Magra? Questa mattina, intorno alle 10.30, è crollato il ponte di Albiano Magra sopra al fiume Magra. Il ponte collegava il paese, in provincia di Massa Carrara, e Santo Stefano Magra, in provincia della Spezia.

Un boato, avvertito da molti abitanti della zona, ha fatto scattare l’allarme. L’infrastruttura si è spezzata in diversi tronconi. Per fortuna non ci sono state vittime, anche grazie al poco traffico del periodo considerata la pandemia da coronavirus in corso.

Ennesima dimostrazione, semmai ce ne fosse il bisogno, dello stato penoso in cui verte ila nostra rete infrastrutturale incapace di prevenire simili sciagure. 

Dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, dopo le catastrofi legate al terremoto de L’Aquila prima e di Amatrice poi, le nostre reti infrastrutturali continuano a crollare da sole. Come riuscire ad analizzare e mettere in sicurezza un patrimonio ingegneristico che sembra davvero di cristallo?

Come è crollato?

Premettiamo che il crollo è avvenuto oggi e che Anas ha prontamente avviato una Commissione di indagine al fine di accertare l’esatta dinamica che ha portato al collasso della struttura. Il presente articolo non si permette di accusare nessuno visto che si può basare solo su analisi visive ed ipotesi effettuate dallo studio delle moltissime testimonianze foto e video che possiamo trovare in rete. Non si ha ne la pretesa ne la possibilità tecnica di spiegare un incidente grave che sarà analizzato da tecnici competenti davanti le opportune sedi.

Proviamo ad analizzare le fotografie dei resti del ponte.

Studiando la fotografia qui sotto, sembrerebbe ci sia stato un cedimento dell’arco in cemento armato poggiante sulla PILA 1, lato Albiano Magro. La PILA 1 è quella più vicina alla Stazione di Caprignola-Albiano. Nella foto il probabile punto di cedimento è indicato con una freccia verso il basso. Ciò ha innescato delle rotazioni, a cascata, delle campate ancora in piedi attorno ai relativi piloni.

Il cedimento in zona PILA 1 sembrerebbe confermato anche dalle foto della PILA 2 e della PILA 3 che sono entrambe inclinate verso la PILA 1. Ciò a causa del possibile effetto di “trazione” verso la PILA 1 scaturita dell’innesto dei cinematismi di crollo. Il viadotto è crollato traslando verso la PILA 1: una sorta di “effetto domino“. Questa ipotesi sembrerebbe trovare conferma dalle parole di un testimone riportate da Lanazione : “E’ andato giu’ tutto in un attimo, come un castello di carte…..prima ho sentito una serie di colpi che venivano dal ponte. Si è alzato un polverone…

Gli accertamenti effettuati a Novembre

A Novembre, a seguito delle forti precipitazioni, la popolazione si era movimentata chiedendo una verifica tecnica. La paura era stata mossa essenzialmente da una vistosa spaccatura dell’asfalto nella zona di accesso al ponte lato Albiano Magra.

A denunciare l’accaduto, tra i primi, La Gazzetta della Spezia e provincia dal quale abbiamo estratto la foto qui sotto riportata.

L’ANAS aveva fatto dei sopralluoghi ritenendo adeguato il grado di sicurezza statica del viadotto non limitando il traffico veicolare. Analizzando la lesione dell’asfalto dalle immagini di Google Maps e, specialmente, dal volo effettuato dai Vigili Del Fuoco (riportato da SkyTG24), la campata del ponte tra la lesione e la PILA 4 è stata trascinata dal crollo verso l’interno del fiume. Non parrebbe essere causa del crollo stesso. 

Non sembrerebbe quindi esserci nessuna correlazione tra la spaccatura del manto carrabile e il collasso che si è verificato. Anche questa è una analisi visiva che andrà valutata della autorità competenti negli accertamenti in corso avviati da Anas.

La storia del ponte sul fiume Magra

Il ponte è un’opera dell’ingegnere Attilio Muggia, professore alla Scuola d’applicazione degli Ingegneri a Bologna, che vinse il concorso bandito dalla Provincia. L’ingegnere Muggia (nato a Venezia nel 1861), aveva frequentato la Scuola di Applicazione per gli Ingegneri di Bologna dove si laurea nel 1885, migliore allievo del suo corso, e dove rimane conseguendo brillanti risultati accademici che lo porteranno a diventare, fra il 1923 e il 1927, Direttore della Scuola medesima. Fu uno dei pionieri nell’uso di tecniche costruttive in cemento armato e membro della commissione che stilò le prime norme sulle costruzioni in cemento armato in Italia.

I lavori del ponte iniziano nel giugno del 1906. Nel 1907 subiscono dei rallentamenti dovuti allo sciopero degli operai, risolto dall’intervento dell’Onorevole Cimati, giunto appositamente da Roma (Dicembre).

Lungo 300 metri ed una larghezza di 7,20 metri. Ha un’altezza dal fiume di circa 10 metri. Composto da 5 arcate “grandiose” (come definiscono i giornali di allora) distanti tra loro 51,85 metri. Le arcate poggiano su pilastri fondate ad aria compressa (una tecnica innovativa per quel periodo, applicata ad un ponte) ed il piano stradale è sostenuto da 400 pilastrini. Per la costruzione sono stati necessari 30.000 quintali di cemento e 220 tonnellate di ferro.

Durante la guerra il ponte venne fatto brillare e ricostruito nel 1949 su progetto di Arrigo Carè e Giorgio Giannelli con il contributo di Giulio Ceradini.